Cancellieri: «Padova modello da seguire»

calendar Lunedì 14 Ottobre 2013

 

Da sempre quando si parla di carcere la città di Padova è abituata a fare sistema. Lo si è visto ieri al convegno di presentazione del primo dei “Quaderni su Carcere e Giustizia” dal titolo Emergenza lavoro nelle carceri, tenuto nel Centro congressi Padova “A. Luciani” con inizio alle 17.45. Nessuno dei relatori è intervenuto per onore di firma, dal sindaco reggente Ivo Rossi (il primo Progetto Carcere del comune risale all’inizio degli anni Ottanta), al presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo Antonio Finotti, da anni impegnata in molteplici progetti tra i quali la nuova sede della pasticceria e del call center del carcere. Per non parlare dell’Università, rappresentata dal prorettore Francesco Gnesotto: nella città del Santo i laureati dietro le sbarre ormai sono una lunga tradizione. È pure presente Adriano Rizzi, presidente Legacoop Veneto in rappresentanza dell’Aci, Alleanza cooperative italiane. Il mondo cooperativo – ribadisce – da sempre presente nel welfare, «non si sottrarrà certo alla sfida del lavoro penitenziario».

 

Al convegno, trasmesso in diretta da Repubblica.it e in differita da Radio Radicale Tv, hanno partecipato i protagonisti dell’attuale dibattito sul mondo della detenzione. Sandro Gozi, ad esempio, che ha aperto i lavori. Da pochi giorni è neo vicepresidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa con delega alle carceri. È anche il relatore di una delle proposte di legge sull’amnistia e l’indulto che verranno discusse nei prossimi giorni dal Parlamento. La passione per il mondo del carcere gliel’ha trasmessa don Oreste Benzi, il fondatore dell’Associazione Comunità Giovanni XXIII. Lo cita con una frase fulminante: «Dovremmo portarci nel cuore una cosa, un uomo non è il suo errore. Un detenuto non è solo il crimine che ha commesso».

 

L’ospite d’onore della giornata è il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, reduce da una visita alla casa di reclusione di via Due Palazzi, dove ha incontrato gli agenti, visitato i capannoni con le lavorazioni di Officina Giotto e incontrato i 120 detenuti che ci lavorano. Valige, biciclette, call centre, cucina, pasticceria… un’umanità attiva, operosa. Nell’auditorium del carcere ha ascoltato Gianni, che ringrazia chi gli ha consentito di lavorare. Poi Davor, croato. Che non deve più subire l’umiliazione di chiedere aiuto ai familiari per le piccole spese quotidiane. Poi ascolta Dinja, giunto dall’Albania con il gommone: pensava di trovare l’Eldorado e invece è scampato per poco alla morte. E Michele, già piccolo imprenditore che ora dirige il call center. Tutta gente a cui il lavoro ha cambiato la vita dal giorno alla notte. Il lavoro e una compagnia di persone che condividevano con loro la giornata.

 

«Un esempio per tutti, Padova è un carcere da prendere a modello». Anna Maria Cancellieri ama andare subito al sodo. «Ci sono situazioni come Padova o Bollate in cui il miracolo avviene. E sempre la chiave di svolta è il lavoro. Che oggi coinvolge una quantità ridicola di detenuti. Occorre fare un salto di qualità, voltare pagina. Io oggi ho visto prodotti veramente buoni che non hanno nessun problema a stare nel mercato. Cerchiamo di portare in tutta Italia questo modello di comportamento, con prodotti che stanno sul mercato».

 

A dare il “la” al ministro non sono solo i detenuti di Officina Giotto, ma anche gli altri relatori. Il capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Giovanni Tamburino ricorda che «a Padova è cominciato tutto», con un gruppo sparuto di docenti che iniziarono a far lezione nel vecchio carcere di piazza Castello. «Molti detenuti si laurearono», ricorda Tamburino. «Un giorno uno di loro mi venne a dire “A noi rimane del tempo, vorremmo sfruttarlo per insegnare agli altri detenuti che non hanno neppure la licenza elementare”». Di qui, l’intuizione: il detenuto «non è solo destinatario di un intervento, può diventare una risorsa».

 

Anche il procuratore Pietro Calogero, già pm degli anni di piombo, smantella con la sua immensa cultura giuridica l’idea che il lavoro in carcere sia appena una nobile aspirazione a cui corrisponde - quando capita - una concessione benevola. L’ordinamento penitenziario parla chiaro. «È un obbligo inderogabile dello stato a cui corrisponde il diritto soggettivo al lavoro del recluso. Rieducare è dovere fondamentale dello stato». E apre una riflessione sull’amnistia e l’indulto, proponendo un’interpretazione di grande spessore che mira a contemperare dignità dell’uomo e rispetto della sicurezza sociale.

 

Ha colpito molto il pubblico l’intervento a video di Carlo De Benedetti. Il presidente del Gruppo Espresso al Due Palazzi c’è stato già due volte. Li ha visti per bene quei capannoni industriali, ha parlato con i lavoratori. Pone un punto fermo: il carcere, ma anche il paese, ripartirà solo con il lavoro. Come in America con la “brain economy”, l’economia dell’innovazione. Non teme paragoni impegnativi: «Qui ci vuole una rivoluzione, come ha fatto Bill Gates a Seattle o Jeff Bezos, il creatore di Amazon a New York. Non dobbiamo attenderci la ripresa dell’economia dallo Stato, dobbiamo prendere noi l’iniziativa. Boscoletto con il consorzio Giotto non crea solo lavoro per i detenuti, ma li aiuta a modificare il loro rapporto con se stessi. Imparano la passione di lavorare. Perché noi torniamo uomini nel momento in cui lavoriamo. Altrimenti sopravviviamo, ci spegniamo e perdiamo la nostra natura di uomini. Parliamo tanto di sovraffollamento ma invece di creare nuove carceri di impianto tradizionale perché non creiamo strutture sicure - nessuno ne dubita - ma che consentano all’uomo a ridiventare se stesso attraverso il lavoro? Ma non vale solo per le carceri, che sono il punto più doloroso della nostra collettività, dovrebbe essere il leit motiv del paese».

 

Non può che condividere, Anna Maria Cancellieri. «Ha ragione De Benedetti, è il lavoro che dà dignità alle persone. Dobbiamo dare a tutti un’opportunità per potersi realizzare. A Padova abbiamo visto che quando si vuole si può fare. Se qui è successo, dobbiamo farlo dappertutto. Se oggi su 100 detenuti solo 5 lavorano e 95 non fanno nulla, dobbiamo puntare a invertire queste cifre». Boscoletto, presidente di Officina Giotto, non si fa pregare. Ci sono strumenti anche finanziari di nuova generazione, come i social impact bond. Le cooperative sociali e le imprese profit sono in grado di gestire tutti i servizi accessori del carcere. «Siamo pronti a seguirla – interviene parlando a nome delle oltre venti coop sociali di tutta Italia presenti a Padova - perché lo stato possa risparmiare e perché ciò che spende lo spenda solo in proporzione ai risultati».

 

LA RASSEGNA STAMPA

 

Il Gazzettino, lunedì 14 ottobre, p. 3, I detenuti che lavorano non delinquono più Il 90% degli altri ci ricasca

Il Gazzettino di Padova, lunedì 14 ottobre, p. IV, Ogni 100 posti, rinchiusi in 142

Il Mattino di Padova, lunedì 14 ottobre, p. 13, Lavoro in carcere Arriva in città il ministro Cancellieri

Avvenire, martedì 15 ottobre, p. 9, Carceri, ex-caserme per i reati minori

Corriere del Veneto, martedì 15 ottobre, p. 4, Il dissenso del Pg Calogero: «Pene sospese, non estinte»

Il Gazzettino, martedì 15 ottobre, p. 4, Cancellieri: il Parlamento è sovrano ma i reati finanziari mai considerati

Il Gazzettino di Padova, martedì 15 ottobre, p. II, Il ministro Cancellieri: «Lavoro in carcere, Due Palazzi modello»

Il Mattino di Padova, martedì 15 ottobre, p. 11, Un commissario per offrire ai reclusi un’occupazione

 

 

L'intervento di Carlo de Benedetti, presidente del Gruppo Espresso, al convegno "Emergenza lavoro nelle carceri": il lavoro come punto strategico per la ripresa del Paese, non solo del mondo carcerario.

 

 

 

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