Una preferenza ed un abbraccio indimenticabili. Grazie papa Francesco

 

Tutto all’insegna dell’inaspettato, dell’imprevisto, nella maniera più assoluta. Certo, sabato 7 marzo a Roma ci siamo andati con la speranza di poter incontrare papa Francesco. Alle 7.30 eravamo già in prima fila lungo le transenne. Se fosse passato di lì, come poi di fatto sarebbe avvenuto, gli avremmo potuto forse stringere la mano. O magari addirittura consegnare al suo segretario i doni che avevamo preparato per lui. Una colomba pasquale della Pasticceria Giotto, un variopinto pavone in carta realizzato da un detenuto della casa di reclusione Due Palazzi.

 

Invece passa di lì uno dei responsabili dell’organizzazione e ci dice «Cosa fate qua? Il vostro posto è sopra». E così all’udienza straordinaria concessa dal papa al movimento di Comunione e liberazione per i dieci anni dalla morte di don Giussani, il drappello delle carceri italiane, con una quindicina di operatori e 18 detenuti oltreché da Padova, dall’Istituto minorile Nisida di Napoli, dal Carcere Le Capanne di Perugia, da Como e da Chiavari, senza alcun preavviso si sistema tra le autorità, alla sinistra del palco papale, a due passi da monsignori e porporati.

 

Il papa arriva, saluta gli oltre 80mila intervenuti mentre fa il giro di piazza san Pietro, si siede, ascolta – in una mattinata luminosa e con un vento freddissimo – le parole di don Julián Carrón, poi pronuncia un intervento che per noi del carcere – operatori e detenuti – indica una strada di ripresa e di speranza, dove su tutto dominano il perdono e la misericordia. «Non si può capire questa dinamica dell’incontro che suscita lo stupore e l’adesione senza la misericordia», sono le sue parole. «Solo chi è stato accarezzato dalla tenerezza della misericordia, conosce veramente il Signore. Il luogo privilegiato dell’incontro è la carezza della misericordia di Gesù Cristo verso il mio peccato. E per questo, alcune volte, voi mi avete sentito dire che il posto, il luogo privilegiato dell’incontro con Gesù Cristo è il mio peccato. È grazie a questo abbraccio di misericordia che viene voglia di rispondere e di cambiare, e che può scaturire una vita diversa». E ancora: «La morale cristiana non è non cadere mai, ma alzarsi sempre, grazie alla sua mano che ci prende».

 

Parole che mettono sulla strada, con la voglia di camminare. Senza paura di cadere ancora. Ma il meglio deve ancora arrivare. L’incontro si conclude, il papa scambia alcune parole con don Carrón e i responsabili del movimento, si fa brevemente fotografare con i vescovi e i cardinali presenti e poi si rivolge decisamente al gruppo dei detenuti. E qui per ciascuno c’è una parola, uno sguardo, una stretta di mano, un abbraccio, una storia da condividere. E lacrime di commozione in tutti. Papa Francesco ascolta, dice pochissime parole, chiede e promette preghiere, abbraccia le persone e le loro storie. Gli regaliamo la colomba, il pavone e molte lettere di chi non ha potuto partecipare, mentre i fotografi scattano foto a ripetizione. Da uno dei nostri amici che gli aveva accennato alla sua vicenda personale, dopo un primo abbraccio, Francesco ritorna, per abbracciare e consolare ancora, la testa del nostro amico sulla sua spalla. Maddi, una giovane amica che si era unita al nostro gruppo, abbraccia il papa e non lo vuole più lasciare. Francesco stesso alla fine chiede la foto ricordo, sicuramente un po’ più sgarruppata di quella appena scattata con vescovi e cardinali. Poi si congeda, chiedendo ancora preghiere, mentre in piazza San Pietro in tanti si chiedono chi sia quel gruppo di persone sui megaschermi con cui il Santo Padre si intrattiene così amabilmente.

 

Difficile trovare le parole per raccontare cos’è stato questo incontro per ognuno di noi. Ci vorrà del tempo probabilmente per capirlo. Di certo una preferenza ed un abbraccio indimenticabili. Grazie papa Francesco. «Solo chi è stato accarezzato dalla tenerezza della misericordia…», a noi è successo sabato 7 marzo in piazza San Pietro.

 

 

Alcune immaginI della giornata

 

 

 

 

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